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NUOVE PROSPETTIVE PER LA LETTURA NON INVASIVA DEI PAPIRI DI ERCOLANO MEDIANTE LUCE DI SINCROTRONE.

22 Dicembre 2015 - ARCHIVIO

Di: Giovanni Anzidei

Capo Ufficio Stampa Accademia Nazionale dei Lincei

 

Sintesi della conferenza del Dr. Vito Mocella del Consiglio Nazionale delle Ricerche

Dopo una breve panoramica dei metodi di apertura meccanica, ci si sofferma sugli ultimi tentativi di apertura dei papiri ercolanesi con il cosiddetto metodo osloense. Tale metodo è un’evoluzione della classica macchina di Piaggio, poiché anche in questo caso si utilizza un collante di tipo organico. Nel metodo osloense, il collante nell’asciugarsi permette il distacco degli strati di papiro rispetto a quelli sottostanti, evitando un distacco violento dei frammenti. I risultati si sono rivelati “problematici” e, ormai da circa 20 anni, ogni ulteriore tentativo di apertura meccanica è stato interrotto a causa dell’elevata percentuale di perdita del contenuto dei papiri.

Sulla consistenza del ritrovamento archeologico e sull’importanza dei papiri di Ercolano, un punto di vista esaustivo è stato presentato di recente nella Lectio Brevis di Guglielmo Cavallo a quest’Accademia il 14 Marzo 2014.

Per i nostri scopi mi limito a ricordare che i papiri ercolanesi ancora arrotolati, in tutto o in parte, sono ancora molto numerosi ed il loro numero, per quanto difficile da determinare con esattezza, è senz’altro di alcune centinaia. Si tratta perlopiù di rotoli considerati in uno stato tale da aver reso impossibile l’utilizzo dei vari tentativi di apertura meccanica succedutisi nel corso dei secoli. Essi ci sono dunque pervenuti come un semplice “monumento di antichità” lasciato ai posteri, come riporta un celebre testo del 1825.

Utilizzando una tecnica tomografica “classica”, una delle difficoltà principali è legata al debole contrasto chimico fra l’inchiostro a base di carbonio (tipicamente utilizzato in epoca greco-latina, in particolare per i testi a carattere letterario) ed il papiro, carbonizzato a seguito dell’eruzione. La tomografia “classica” è, infatti, basata sulla differenza di assorbimento, in questo caso quasi del tutto assente, fra inchiostro e papiro.

Qual è la differenza fra una radiografia in assorbimento ed una basata sul contrasto di fase? La radiografia a contrasto di fase permette di discriminare particolari che in quella convenzionale ad assorbimento sono quasi del tutto assenti. Quando i raggi-X passano attraverso un oggetto, essi subiscono un’attenuazione legata all’assorbimento del materiale che compone tale oggetto. L’onda subisce anche un ritardo (o un anticipo) nell’attraversare l’oggetto, questo ritardo è legato alla fase dell’onda. Nel caso dei raggi-X, l’assorbimento è in genere molto basso mentre una piccola quantità di materiale può produrre un ritardo pari a metà di una lunghezza d’onda, il che comporta un passaggio da un massimo ad un minimo dell’onda ovvero, tradotto in termini d’immagine, un passaggio dal bianco al nero.

Utilizzando radiazione coerente (come quella prodotta dai laser, nel caso della luce visibile) è possibile essere sensibili alle variazioni subite della fase dell’onda nell’attraversare gli oggetti, il che è spesso sufficiente ad individuare i bordi delle strutture interne. Per i nostri esperimenti abbiamo utilizzato il sincrotrone europeo di Grenoble (ESRF), che è stata la prima sorgente coerente al mondo per i raggi-X ed è stato pioniere nell’applicazione della radiazione coerente generata alla tomografia in contrasto di fase.

Tale tecnica è tipicamente utilizzata per studiare la morfologia di strutture d’interesse medico, industriale; ultimamente di grande interesse è stata l’applicazione allo studio in campo paleontologico. In ognuna di queste applicazioni è studiata la morfologia interna degli oggetti. Anche nel caso dei papiri lo studio della morfologia (numero di spire, danneggiamento del rotolo, deformazione meccanica) costituisce un’interessante applicazione della tecnica.

L’identificazione della scrittura, che è l’obiettivo del nostro studio, è una forma molto speciale di morfologia interna. Con le tecniche basate sull’assorbimento dei raggi-X, si cerca di identificare la scrittura tramite la differenza di composizione fra inchiostro e papiro. Nel nostro caso abbiamo cercato di identificare l’inchiostro anche tramite la differenza morfologica legata al fatto che esso non penetra completamente all’interno delle fibre del papiro, ma resta leggermente in superficie. Questa è una caratteristica morfologica molto particolare, che richiede una tecnica sensibile al contrasto di fase perché non è basata solo sulla differenza fra i due materiali ma anche sul rilievo che le lettere hanno rispetto alla superficie del papiro.

In questo studio preliminare abbiamo analizzato due papiri ercolanesi provenienti dalla collezione de l’Institut de France, dono del re di Napoli all’allora primo console Napoleone Bonaparte, nel 1802.
Si tratta di un frammento del papiro n.1 (PHerc.Paris.1) e di un intero rotolo, il n.4 di questa collezione (PHerc.Paris.4).

Le prime misure sono state effettuate sul frammento ed il risultato è incoraggiante. La tecnica è, infatti, in grado di mettere in risalto la scrittura in uno strato sottostante rispetto alla superficie esterna del frammento.
Due parole sono identificabili:  che può essere sia una parola intera sia  seguito da una parola che inizia con la epsilon, mentre l’altra sequenza è quasi certamente .

Siamo quindi passati all’analisi dell’intero rotolo carbonizzato (PHerc.Paris.4). La ricostruzione del volume all’interno del rotolo, proiettata su 3 piani ortogonali, mostra la complessità interna del foglio di papiro che, oltre ad essere carbonizzati, sono estremamente contorti e di certo molto lontani dall’originario arrotolamento ordinato delle spire. Questo rende particolarmente complessa l’analisi dei dati, che richiede innanzitutto l’individuazione della superficie del papiro necessaria ad ottenere un’immagine delle lettere poste sulla superficie stessa.

Un’animazione mostra schematicamente le tappe seguite per arrivare alla scrittura. Dopo la ricostruzione del volume del papiro, entrando all’interno dello stesso si procede alla segmentazione della superficie, in questo caso mostriamo una prima ed una seconda superficie isolate all’interno del rotolo. Quando la superficie isolata all’interno del volume è sufficientemente grande procediamo alla lettura delle lettere localizzate sulla parte esterna del papiro. In questo modo sono state individuate sequenze di lettere nelle parti interne del rotolo. E’ possibile notare come lo stile di scrittura sia sensibilmente diverso da quello del frammento del papiro n.1.
della collezione di Parigi (PHerc.Paris.1).

Nel caso delle sequenze di lettere è piuttosto arduo dare un significato alle stesse, poiché la metodologia di scrittura in “scriptio continua”, tipica nell’antichità di tutte le scritture di tipo alfabetico in cui la scrittura era un’ininterrotta sequenza di lettere, non permette l’individuazione della fine e dell’inizio delle parole se non dopo una lettura di una porzione significativa di testo che permette di comprenderne il significato.

Abbiamo quindi individuato un intero alfabeto e per effettuare un’analisi paleografica l’abbiamo confrontata con quella di un papiro srotolato e presente alla biblioteca nazionale di Napoli contenente uno scritto di Filodemo di Gadara sulla libertà di parola. E’ possibile notare la forte rassomiglianza di queste due scritture, in particolare la presenza degli apici decorativi presenti su alcune lettere, una caratteristica non molto frequente nelle scritture dei papiri ercolanesi e che potrebbe essere collocare tale scrittura nel gruppo M della classificazione proposta da G. Cavallo. Per quanto riguarda la datazione appare molto probabile che questo papiro sia stato scritto nello stesso periodo del PHerc. 1471, sulla libertà di parola di Filodemo, ovvero nel secondo quarto del primo secolo AC.

Quali sono le prospettive future di quest’attività di ricerca? 
Da un lato noi abbiamo la necessità di migliorare la tecnica sperimentale ed a questo scopo sono previsti, ed in parte sono stati già realizzati, altri esperimenti. Questo consentirà di migliorare il contrasto della scrittura rispetto al resto, in particolare dal papiro carbonizzato e dalle fibre incrociate che lo compongono. Un aspetto molto importante è quello dell’analisi dei dati. Come abbiamo visto è un punto molto delicato che necessita lo sviluppo di nuovi algoritmi per consentire l’individuazione della superficie del papiro in maniera almeno semi-automatica. L’auspicio è quello di poter individuare in modo più agevole delle porzioni rilevanti di testo.

La prospettiva più diretta riguarda quindi le centinaia di papiri presenti nella Biblioteca Nazionale di Napoli, il cui contenuto è quasi certamente a noi ignoto e che, con questo tipo di metodologie non invasive, potranno essere letti senza comprometterne l’integrità. Un’ulteriore prospettiva è quella relativa ai papiri non ancora ritrovati ma che molto probabilmente sono presenti in altri ambienti della villa non ancora scavati. A questo proposito va tenuto presente che in epoca borbonica gli scavi erano effettuati tramite tunnel che hanno interessato solo il livello superiore della villa. Fra gli anni’80 e ’90 del XX secolo una parte della villa è stata portata alla luce, ma si tratta di circa un decimo del totale della superficie. I recenti scavi hanno, tra l’altro, messo in evidenza la presenza di altri due livelli al di sotto di quello esplorato in epoca borbonica. Alcuni ritengono molto probabile la presenza di un’altra biblioteca caratterizzata da testi prevalentemente in lingua latina, a differenza di quella ritrovata nel 1754 i cui testi sono prevalentemente in lingua greca, anche se la coesistenza di testi latini e greci nel medesimo ambiente era del tutto normale.

In una prospettiva più lontana vi è poi lo sviluppo di sorgenti coerenti a raggi-X diverse dagli attuali sincrotroni. Fra di esse sono interessanti quelle cosiddette compatte, la cui dimensione è di alcune decine di metri, una dimensione certamente molto inferiore al chilometro di circonferenza di ESRF a Grenoble. Nel giro di alcuni anni tali sorgenti compatte potrebbero essere disponibili sul territorio nazionale consentendo, fra le varie applicazioni, una più agevole analisi del patrimonio culturale.