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I VOLTI DEL BUDDHA – Testimonianze e collezionismo d’arte

5 Febbraio 2013 - ARCHIVIO

I VOLTI DEL BUDDHATestimonianze e collezionismo d’arte

Recensione di: Fabiana Carucci

Nel varcare la soglia della Cappella Orsini si attraversa improvvisamente un confine spazio – temporale che ci proietta direttamente in Oriente, dentro un percorso conoscitivo e formativo della storia e diffusione del Buddhismo. Siamo nel cuore di Roma, ad un passo da Campo de’ Fiori, in via di Grotta Pinta.

Con la ferma intenzione di voler proporre, non la solita mostra sulla cultura orientale vista con l’occhio dell’occidente, bensì un vero viaggio spirituale e culturale di profonda immedesimazione, il Centro Studi Cappella Orsini ha allestito un ambiente che si presenta come un’occasione di dialogo ed integrazione interculturale. A disposizione c’è una collezione composta da oltre 100 manufatti devozionali originali di sculture in bronzo, legno, marmo e rame che ripercorrono le vie del tempo.

 Esempio di Mandala

Lo spazio espositivo è un piccolo assaggio d’oriente; organizzato, voluto, allestito e persino profumato secondo i dettami della cultura orientale. Così inizia un percorso storico, mistico e spirituale rappresentativo delle differenti modalità di diffusione ed integrazione culturale del Buddhismo nei vari Paesi in cui si è affermato, come elemento fondante della cultura e del credo religioso.

Ad accogliere il visitatore in prossimità dell’entrata c’è uno schermo che riporta ad un simbolo emblematico dello spirito Buddhista: la costruzione  e distruzione del Mandala, la tradizionale rappresentazione, in forma per lo più circolare, composta generalmente da sabbia colorata, elaborata in un ampio arco di tempo e distrutta poi in un attimo, a ricordare l’impermanenza dell’esistenza ed il forte legame tra fine e rinascita. Questa esposizione è stata voluta come una sorta di prima preparazione ad un viaggio mentale e spirituale che contempla la ricerca del dialogo e della pace, del benessere e della felicità, del giusto equilibrio.

Il Buddha è rappresentato da statue votive di diversa provenienza e fattezza, a testimonianza delle varie modalità di percezione nelle culture dei Paesi ove l’arrivo di una corrente spirituale va sempre e comunque ad integrarsi con quanto già di preesistente. Interessante la contrapposizione tra il Buddha opulente di provenienza cinese ed il Buddha emaciato d’origine induista. Questa seconda rara rappresentazione è una raffigurazione del primo periodo di ricerca di Siddhartha Gautama caratterizzato dalla sofferenza e dalla totale privazione nel percorso verso il  “risveglio spirituale”.

 Il Buddha Emaciato

Nella Cappella Orsini si rappresentano le tappe storiche del Buddhismo suddiviso secondo due macro canali di culto caratterizzante. Al piano terra l’accento è posto sul Buddhismo di corrente Theravada, diffuso principalmente nello Sri Lanka ed in tutto il sud est asiatico.

Tra i molti pezzi spicca una Stupa di antichissima manifattura bronzea con cristallo di rocca, che ci porta testimonianza di quando, inizialmente, il Buddha era rappresentato da una forma iconografica non umana, bensì era iconizzato appunto alla stupa, un antico monumento tombale. La storia dice che, alla sua morte, il Buddha fu diviso in 8 parti conservate in altrettanti tempi funebri Stupa. Da qui la scelta di identificare inizialmente il Risvegliato con questo oggetto di culto. In perfetta contrapposizione, proprio dallato opposto della Stupa è posizionata una testina del Gondar (territorio antico posizionato tra l’attuale Afghanistan e Pakistan), che testimonia la prima raffigurazione in sembianze umane del Buddha, risalente al III-IV secolo d.C. La piccola testa del Buddha, oltre ad essere la prima rappresentazione in forma umana è anche una testimonianza importante della fusione culturale ed artistica, poiché evidenti sono qui gli influssi anche dell’arte ellenica. Completa l’esposizione al primo piano la riproduzione di un tempio di tipologia Theravada.

La seconda corrente di pensiero viene raffigurata salendo al piano superiore della Cappella Orsini: anche qui troviamo diverse sculture e manufatti di stampo rappresentativo del Buddismo Himalayano, che ci porta nell’area del Tibet, Nepal e Cina. in questo spazio vengono proiettati dei filmati esplicativi, a completamento della visita. Anche qui, inoltre, è stato allestito un tempio votivo di matrice himalayana.

La Mostra orientale è a disposizione fino al 28 di febbraio.

Questa iniziativa ha avuto il patrocinio della Provincia di Roma, dell’Ambasciata dell’India, l’Ambasciata dello Sri Lanka, la Fondazione Maitreya e l’Associazione Vocazione Roma. Per gli orari di visita e maggiori informazioni: www.cappellaorsini.it

Di seguito riportiamo quanto gentilmente concesso dai responsabili del Centro Studi Cappella Orsini come introduzione riassuntiva della storia del Siddhartha Gautama e del suo risveglio spirituale a divenire il Buddha.

 

LA VITA DI SIDDHARTA

Di: Centro Studi Cappella Orsini

In lingua pali Buddha significa “Risvegliato”.  Fondatore del Buddhismo, chiamato originariamente Siddharta Gautama, prese questo nuovo nome dopo aver raggiunto l’illuminazione.

Siddharta (“Colui che raggiunge lo scopo”) era il suo nome e Gautama il patronimico. Nacque nel VI secolo a.C., intorno al 560, a Kapilavastu, una località dell’India settentrionale, in prossimità del confine con il Nepal.

Era un principe della famiglia degli Sakya (i potenti). La sua famiglia, nella persona di Suddhodana, il padre, capeggiava un piccolo stato. Siddharta venne alla luce nel bosco di Lumbini mentre Maya, la madre, era in viaggio. Una settimana dopo la nascita, sua madre morì.

Un asceta di nome Asita giunse a palazzo e predisse che se il bambino fosse divenuto re sarebbe divenuto un sovrano universale (cakravartin) e se fosse diventato un saggio sarebbe stato un Illuminato. Il padre cercò in ogni modo di impedire a Siddharta di uscire dal palazzo reale circondandolo di ogni piacere. A sedici anni sposò la cugina Yasodhara, dalla quale tredici anni più tardi ebbe un figlio, Rahula.

Quindi Siddharta fu cresciuto nel lusso, lontano da qualsiasi manifestazione della sofferenza umana. L’incontro con  un vecchio, un malato, un morto (simboli della fugacità della vita) e infine  un asceta (simbolo della serenità dello spirito) gli rivelò la condizione del mondo terreno.

 Siddharta di nascosto abbandonò il suo palazzo alla ricerca di una soluzione definitiva alle grandi sofferenze del mondo. Prese ormai le distanze dalla residenza familiare lasciò il suo cavallo, si tagliò i capelli, scambiò le proprie vesti con gli abiti laceri di un cacciatore.

 A questo punto Siddharta divenne Sakyamuni (l’asceta degli Sakya) e iniziò un percorso di apprendimento che lo portò a meditare sotto la guida di alcuni maestri praticando l’ascetismo e lo yoga. Insoddisfatto di questi insegnamenti si allontanò con altri cinque monaci, fermandosi nella foresta di Uruvilva, una località particolarmente adatta alla meditazione.

Qui visse per sei anni, spingendo all’estremo le pratiche ascetiche, arrivando a conseguire una condizione di morte apparente.

 La privazione estrema gli insegnò che logorando l’organismo non avrebbe raggiunto una maggiore luce dello spirito, anzi, constatò che in questo modo si annientava ogni capacità del pensiero. Quindi riprese a nutrirsi, abbandonato dai cinque discepoli delusi per la sua rinuncia alla mortificazione della carne.

 Il sentiero elaborato dal Buddha dopo la delusione in cui l’ascetismo estremo lo aveva lasciato, viene chiamato “La via di mezzo”: né auto mortificazione né mero soddisfacimento dei piaceri sensoriali.

 Riapparvero così le tentazioni dei sensi, ciò nonostante, Sakyamuni le respinse e seduto in meditazione all’ombra di un albero di “ficus religiosa”, chiamato albero della Bodhi, raggiunse l’illuminazione (bodhi).

 In quel momento fu in grado di definire le Quattro Nobili Verità:

1) la realtà del mondo è sofferenza;

2) l’origine della sofferenza è il desiderio, o attaccamento alla vita;

3) la liberazione dalla sofferenza è possibile mediante l’estinzione del desiderio;

4) esiste una via che conduce alla cessazione della sofferenza, la Legge (Dharma) codificata nell’Ottuplice Sentiero.

 L’Ottuplice Sentiero:  suddiviso in otto aspetti fondamentali (Retta Comprensione, Retto Pensiero, Retta Parola, Retta Azione, Retta Condotta di vita, Retto Sforzo, Retta Consapevolezza e Retta Concentrazione), indirizza il praticante verso l’abbandono di tutte le azioni negative di corpo, parola e mente, rimuovendo le fonti di disturbo e coltivandone gli aspetti positivi.

 Raggiunta l’Illuminazione, Sakyamuni incontrò i discepoli che lo avevano precedentemente abbandonato ed altri ancora, proclamò la nuova dottrina attraverso il celebre “Discorso sulla messa in moto della Ruota del Dharma” (Ruota della Legge).

Questo primo sermone, detto anche Discorso del Parco delle gazzelle, ebbe luogo a Sarnath, nei pressi di Benares.

 Morì nel 480 d. C. all’età di circa ottanta anni, a Kusinagara, assistito dal discepolo Ananda. All’epoca della sua morte, l’insegnamento del Buddha era diffuso in tutta l’India.  Dopo la sua morte la dottrina si diffuse rapidamente in tutta l’Asia.