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FABER CUCCHETTI. ROMA CHIAMA DEE JAY…

5 Aprile 2013 - ARCHIVIO

 

Di: Fabiana Carucci

 

Quando si parla del DEE JAY FABER CUCCHETTI si cita un nome storico della musica dei mitici anni ’80, della nascita dei primi video musicali con Dee Jay Television di Claudio Cecchetto, delle Band che facevano impazzire i giovanissimi: la musica parlava dello spirito di quegli anni in cui tutto sembrava possibile ed a portata di mano per chiunque. Come hai vissuto tu quel periodo dietro una consolle?

FABER “Ero fra gli esploratori in un territorio quasi vergine, fu una pacchia inventare la radio. Il pubblico rispondeva con entusiasmo e fui molto fortunato: ebbi il tempo di imparare un mestiere artigianale, ascoltando i miti della prima generazione (Arbore e Boncompagni, Foxy John, Leopardo, etc) per creare uno stile personale. Tecnologia e belle ragazze: fra radio e discoteca, la passione fluiva… All’inizio pochi soldi, ma quanto ingenuo entusiasmo!”

2013. Come è cambiata nel tempo la tua professione e l’impatto col pubblico? Ti rivolgi agli ex ragazzi degli anni ’80 o trovi un interesse forte anche nelle nuove generazioni verso un genere musicale che ormai vanta 30 anni di storia?

FABER “Alla radio adesso la creatività è quasi introvabile, schiacciata dai format. In discoteca c’è molta confusione, la leadership è internazionale ma la base nostrana dopo gli ottimi anni 90 fatica a tenere il passo. Io mi limito volentieri a ripercorrere il passato, soprattutto per motivi di coerenza anagrafica e commerciale. Meglio aggiornare la tecnologia (ho ancora 15mila vinili, che sto rivendendo, ma li propongo in digitale) e suonare la musica sulla quale poggia la mia antica fama romana. Noi delle guerre puniche, sai…?”

Ci racconti come hai mosso i tuoi primi passi nel mondo della musica e cosa consiglieresti a chi oggi si avvia ad essere un Dee Jay.

FABER “Il caso volle che incontrassi un tipografo appassionato radioamatore: stampava il giornalino della piscina, del quale ero caporedattore e grafico. Era il 1978, aveva aperto da poco le trasmissioni di una radio che divenne in seguito famosa col nome di DIMENSIONE SUONO. Aprii il microfono in una mansarda e cominciai a scimmiottare quel che immaginavo dovesse fare uno speaker. Piacque il mio stile, reso ancor più originale da una inflessione “non romana”. Restai a giocare e divenne il mio lavoro, su RDS fino al settembre 1989. Poi mi confrontai con altre realtà, fra le quali One O One Network, dove divenni addirittura l’erede dello stesso Leopardo. In discoteca invece entrai seguendo altre amicizie, dapprima come riserva, ma già dopo un paio di settimane d’apprendistato da titolare. Era l’estate del 79, in piena febbre del sabato sera, all’Alibi di Roma. Trovai entusiasmante suonare disco music fra i gay, ma il locale chiuse e restai a vagare fra le piste di secondo piano fino al settembre del 1980, quando Claudio Casalini dal suo regno discografico (era il re della Best Record) mi chiamò per chiedermi se mi interessasse un posto nella mega discoteca che aveva sconvolto Roma. Entrai così al Much More. L’accoppiata disco e radio divenne subito vincente. Una grande fortuna impossibile da pianificare, ma a volte il destino è benevolo. Oggi? Mio figlio sta cominciando. Gli consiglio di ascoltare più musica possibile, restare sempre aggiornato con la tecnologia impiegandola senza esserne schiavo ma usandola per i suoi scopi creativi, e approfittare di Internet per farsi conoscere perché dalle radio non avrà soddisfazioni. Certo, poi… Gli amici conteranno sempre e le relazioni pubbliche faranno il resto se meriterà attenzioni.”

 

 

“last night a dee jay save my life, with a song”….recita una celebre canzone…la musica può “salvare” il mondo, o almeno migliorarlo oggi? Un ‘ancora di salvezza in un’epoca in crisi anche di emozioni?

FABER “Era una illusione degli anni 70. La musica è evasione. Il mondo lasciamo che venga salvato dalle persone di buona volontà. Noi con la musica potremmo solo regalare un po’ di allegria ed emozioni. Sempre che ci sia concesso di essere creativi. Ad ogni modo il mio slogan è “il divertimento è la vaselina della cultura”. Ci siamo, no?”

Negli anni la tecnologia ha portato ad un affinamento della presentazione dei suoni ma forse ad un impatto meno “umano” sul pubblico che oggi ascolta la musica ma non riesce a sentirla sempre propria ed a “viverla” fino in fondo? Si resta più distaccati dal suono visto forse non più come esperienza bensì come un accompagnamento di un momento, di un evento?

FABER “È domanda o questione? La tecnologia è al servizio dell’artista. Ne nasceranno sempre in ogni condizione. Il problema piuttosto è: noi abbiamo ancora tempo per apprezzare il bello? Ci diamo modo di fermarci a vederlo crescere? Possiamo ancora andare oltre la superficie delle cose che sfioriamo? L’indagine è sociologia, niente a che fare con gli strumenti, digitali o tradizionali, che usiamo. Io, oltre la musica, mi occupo di grafica e fotografia. Ricordo bene quanto tempo impiegavo coi pennarelli, gli inchiostri, e quanto mi inzaccheravo per ogni operazione. Un minimo di soddisfazione la ottenevo da chi ne apprezzava il risultato, e mi sembrava poco. Oggi, col digitale, è vero che ottengo grandi risultati in poco tempo, ma in cambio abbiamo solo qualche distratto complimento. Il cruccio di ogni artista è quello di non avere un palcoscenico, di non avere un pubblico e soprattutto di non attirare attenzione. Ecco, diciamo che siamo in troppi a pretendere quest’ultima mentre sono sempre meno quelli disposti a guardare e ascoltare donandola. Dalla radio mi sono allontanato da un lustro. Però mi sento un po’ in colpa e potrebbe essere il momento di tornare a far casino con un microfono. Visto che l’unica proposta mi è arrivata ieri da quella gestita da mio fratello (89.3 a Roma), per amor di famiglia medito un nuovo debutto. Chissà che non arrivi uno sponsor e diventi di nuovo il mio lavoro?!”

 

Per saperne di più: www.ilbombardone.com