C.S. di IGEA
Molte novità scientifiche per la lotta all’Alzheimer sono state realizzate nel 2017, tutte indirizzate alla prevenzione di questa malattia che all’inizio non da sintomi, chi è malato non lo sa, colpisce oggi 47 milioni di persone che diventeranno 135 milioni nel 2050. In Italia ci sono 1,2 milioni di dementi dei quali 800mila sono Alzheimer.
Sulle malattie collegate all’invecchiamento del cervello, come Demenze e Alzheimer, che sono in rapido aumento in tutto il mondo, nel 2017 sono state annunciate delle novità scientifiche e pubblicati nuovi studi programmati già nel nuovo anno per anticipare la malattia con la prevenzione.
Uno studio è stato realizzato al Consiglio Nazionale delle Ricerche, sul protocollo Train the Brain, per tenere allenato il cervello e contrastare l’invecchiamento e le patologie, ideato dal Prof. Lamberto Maffei, che ha dato risultati positivi nell’80% dei soggetti trattati, individuati tra le persone a rischio, non ancora cadute nella malattia. Il protocollo Train the Brain, attivo presso l’Istituto di Neuroscienze del CNR a Pisa, viene applicato dalla Fondazione IGEA Onlus (www.fondazioneiega.it) in collaborazione con il Dipartimento di Neurologia dell’Università Sapienza di Roma al fine di renderlo disponibile per tutte le persone che possono averne bisogno.
Un secondo studio, della Commissione “Lancet” per le Demenze, ha individuato i fattori di rischio della malattia da evitare per proteggersi. Inoltre è partito il progetto Interceptor del Ministero della Salute per la diagnosi precoce a iniziare dai 50 anni, ed è stato annunciato negli USA il progetto POINTER per contrastare e prevenire la malattia. Sempre nel 2017 il problema della preoccupante crescita delle malattie neurodegenerative a livello mondiale è stato affrontato in due vertici a livello internazionale: il primo dei Capi di Stato e di Governo riuniti a maggio in Italia per il G7, il secondo a novembre a Milano dove si sono riuniti i Ministri della Salute in un vertice preceduto dalla conferenza sull’invecchiamento organizzata dall’Istituto di Ricerche Neurologiche Carlo Besta.
Lo studio Train the Brain (la Palestra della Mente) è stato pubblicato da Scientific Reports del gruppo “Nature” nel gennaio 2017, successivamente, a luglio 2017, è stato pubblicato lo studio di “Lancet”. Entrambi gli studi, non farmacologici, hanno dimostrato che svolgere, a qualsiasi età, esercizi per mantenere la mente attiva, fare regolare attività fisica e tenere corretti stili di vita costituiscono importanti fattori di protezione contro la demenza di Alzheimer. I due studi sostengono la necessità della prevenzione su questa insidiosa patologia, che è silente, inizialmente priva di sintomi, chi è malato non lo sa. La malattia lavora lentamente per 15 – 20 anni distruggendo progressivamente i neuroni, il cervello compensa con i neuroni superstiti la mancanza di quelli colpiti, per questo non ci sono segnali ma la malattia prosegue al buio fino a quando il corredo neuronale è devastato e allora appaiono i sintomi quando non c’è più possibilità di difesa.
Il progetto Interceptor del Ministero della Salute, realizzato con l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) e con il Policlinico Gemelli, è invece mirato alla diagnosi precoce e vuole intercettare le persone a rischio di cadere nella patologia attraverso uno screening basato su test neuropsicologici e su biomarcatori. Sarà esaminata una parte della popolazione considerata a rischio, di età compresa tra 50 e 85 anni, per avere una stima di quanti saranno i futuri malati che potranno avere bisogno delle nuove medicine se e quando saranno disponibili.
Nella pubblicazione della Commissione Lancet per le Demenze è stato valutato che si può ridurre del 35% il rischio di cadere nella demenza adottando, a qualsiasi età, corretti stili di vita in grado di contrastare i fattori di rischio, che Lancet individua in nove categorie. Tra queste ci sono proprio l’inattività fisica e la scarsa attività mentale. Tra gli altri fattori di rischio elencati da Lancet figurano: un basso livello di istruzione, l’isolamento sociale, l’obesità, la sedentarietà, alcune patologie se trascurate come il diabete, l’ipertensione e la depressione. Importanti fattori di rischio sono anche il fumo, l’alcol, la cattiva o eccessiva alimentazione. Controllare questi fattori di rischio nei nostri comportamenti quotidiani costituisce una forma di prevenzione che può assicurare una più sana prosecuzione della vita in età avanzata.
Questi fattori che rappresentano il 35% del rischio possono essere controllati e modificati nei nostri comportamenti quotidiani, iniziando a qualsiasi età. Certamente prima si comincia meglio è. Il restante 65% dei fattori di rischio, tra i quali il principale è l’aumento dell’età, non sono modificabili e questo rende ancora più importante agire prima possibile sui fattori che possiamo controllare. La Commissione Lancet raccomanda di fare interventi di prevenzione, di realizzare diagnosi precoci, di controllare i sintomi e lo stato cognitivo.
Gli USA, a Luglio, in occasione della Alzheimer Association International Conference di Londra, hanno annunciato Il progetto POINTER (PrOtect through a lifestyle INTErvention to Reduce risk), che segue la strategia della prevenzione come lo studio Tran the Brain, prevedendo interventi multidimensionali di protezione contro la malattia agendo sugli stili di vita e sulla stimolazione cognitiva nei soggetti non ancora caduti nella patologia conclamata. POINTER prevede un investimento di 20 milioni di dollari per effettuare test e attività di stimolazione cognitiva su 2.500 persone adulte valutate a rischio di declino cognitivo.
Il cervello è un organo come tutti gli altri, con lo stress può perdere vivacità e con il tempo invecchia. Per mantenere attive le capacità mentali e contrastare l’invecchiamento e le patologie cerebrali si deve fare esercizio, allenare il cervello, proprio come si fa andando in palestra a fare ginnastica. Con la ginnastica i nostri muscoli restano più funzionali, più tonici e si allontanano le malattie. La stessa cosa accade per il cervello. Il protocollo Train the Brain, applicato dalla Fondazione IGEA onlus, è proprio la “Palestra della mente” per aiutare il cervello, che ha anche bisogno di controlli e di prevenzione, come siamo abituati a fare andando dal cardiologo, dall’oculista o dall’ortopedico, ma non andiamo mai o quasi mai dal neurologo a fare un controllo.
Malgrado gli sforzi della comunità scientifica e delle industrie farmaceutiche finora non è stato possibile trovare un farmaco in grado di contrastare l’Alzheimer. Attualmente ci sono 50 farmaci in sperimentazione sui malati. Nei vertici dei ministri della salute è stato preso atto che i farmaci finora non hanno dato risultati, sono moto costosi, possono solo attenuare i sintomi per qualche mese, poi danno assuefazione e a volte possono dare pesanti effetti collaterali. Le ricerche sui farmaci, finora svolte sperimentando sui soggetti già con la malattia conclamata, stanno cambiando strategia e si vanno orientando sui soggetti a rischio, o con i sintomi lievi o moderati. Quindi anche il settore farmaceutico sta abbandonando l’idea di poter curare le persone già malate e si sta orientando sulla prevenzione farmacologica, da applicare sui soggetti a rischio, da individuare con la diagnosi precoce, prima che siano colpiti dalla malattia nella forma grave.
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