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Roma – LA CONFERENZA DEGLI ANIMALI! SELEZIONE NATURALE DI MANIFESTI GIAPPONESI

31 Maggio 2022 - Senza categoria

A cura di: M.C. G. per Istituto Giapponese di Cultura in Roma

Coorganizzazione: DNP Foundation for Cultural Promotion
catalogo in sala, Nomos edizioni


Orario lun – ven 9.00-12.30/13.30-17.00
Istituto Giapponese di Cultura in Roma Via Antonio Gramsci 74 00197 Roma tel 06 3224754/94 www.jfroma.it
Ingresso libero fino a esaurimento posti, calendario visite guidate gratuite su www.jfroma.org

Una mostra a cura di Kitazawa Eishi e Rossella Menegazzo
fino al 29 LUGLIO 2022 

Animali reali, creature immaginarie, organismi viventi sono tra i soggetti preferiti dell’arte e della grafica giapponesi per comunicare messaggi legati alla sensibilizzazione ambientale, sociale, ai temi della pace ma anche eventi culturali e  mostre d’arte o marchi aziendali e istituzionali privati e pubblici. 
Spesso si rifanno a motivi della tradizione e sono utilizzati in modo simbolico, talvolta, completamente slegati dal contesto e dalla funzione, mirano invece solo a catturare attraverso forme e colori lo sguardo del fruitore più disattento. Oltre cento opere dagli anni settanta a oggi firmati da Nagai, Tanaka, Tanaami, Inoue, Awazu, Sato e altri maestri del design giapponese evidenziano l’evoluzione nelle tecniche, dal disegno manuale all’assorbimento della fotografia fino alla computer grafica, ma anche l’originalità di ciascun designer.
Quattro sezioni: CULTURA, SOCIETÀ , AMBIENTE, AZIENDE E ISTITUZIONI raccontano l’evolversi della comunicazione negli anni attraverso il tema più amato dal pubblico di tutto il mondo.

   

CURATORS’ STATEMENTS

Due anni fa, quando mi è stato proposto di curare la mostra di poster di animali, mi sono subito venuti in mente due libri per bambini: quello del tedesco Erich Kästner pubblicato settant’anni fa, LA CONFERENZA DEGLI ANIMALI (1949), e il libro dell’americano E.B. White, La Tela di Carlotta (1952).
La conferenza degli animali prende le mosse dagli umani che convocano varie assemblee per la pace, tutte terminate con affermazioni egoistiche e niente di fatto, e si avviano alla guerra.  Gli animali di tutto il mondo, irritati da tale comportamento, al grido di “facciamolo per i bambini!”, organizzano la loro prima e ultima riunione e intraprendono la via della pace in luogo degli umani. È una penna potente, piena di umorismo, quella di Kästner.
L’altro, La tela di Carlotta, è la storia dell’amicizia tra il maialino Wilbur e il ragno Carlotta, che tesse messaggi per gli umani sulla sua ragnatela per salvare l’amico dalla macellazione. È un capolavoro che insegna il valore dell’amicizia e della vita.
Oltre a questi due classici per l’infanzia, due programmi TV recenti, WildLife su NHK BS Premium e Daauin ga kita (lett.: è arrivato Darwin) su NHK, si sono rivelati preziose ispirazioni per la mostra La conferenza degli animali. Entrambi i programmi fanno uso delle più sofisticate tecniche di ripresa, entrando in contatto con gli esseri viventi della Terra, dalle lande inesplorate fino al cuore delle città, per presentare la magnificenza e il fascino della natura attraverso immagini inedite. “Cosa è l’evoluzione?”: è la domanda cardine, cui si allacciano di volta in volta quesiti – Noi animali, da dove proveniamo? Che specie siamo? Dove siamo diretti? –  che ci sorprendono e ci emozionano.  

Kitazawa Eishi
   Il tema della natura si può dire sia la porta d’accesso privilegiata alla conoscenza delle arti giapponesi: dalla poesia alla pittura, dal design alla fotografia fino al mondo del tessile e della produzione artigianale legata alla vita quotidiana, il riferimento ad elementi singoli del mondo naturale, vegetale e animale, utilizzati in senso simbolico, oppure aggregati in composizioni e vedute intese a rappresentare lo scorrere del tempo e il mutare di forme e colori secondo modelli prefissati e riconoscibili, è persistente e fondamentale (…)
Dunque, se a un primo impatto la scelta di guardare alla grafica contemporanea giapponese attraverso il tema degli animali può apparire leggera e infantile, in realtà è da considerarsi come chiave perfetta per rendere evidenti tanti aspetti peculiari della cultura giapponese che il design grafico ha saputo rielaborare e tramandare in forme nuove a partire dagli anni Cinquanta del Novecento. Fu la mostra Graphic ’55 voluta da Kamekura Yūsaku a segnare l’inizio del concetto di graphic design inteso come il risultato finale della progettazione e della stampa di quello che era il disegno del grafico nella sua forma riproducibile e multipla. Fino ad allora, il design era stato considerato come “disegno” o “illustrazione” utilizzando il termine zuan per intendere l’opera originale del grafico tracciata a mano o stampata con la tecnica silografica policroma. Ad essere esposti in quella prima mostra furono invece i manifesti realizzati dalle prime generazioni di designer del dopoguerra che segnarono la storia del design nei decenni successivi del boom economico: Hara Hiromu, Kono Takashi, Ito Kenji, Hayakawa Yoshio, Ohashi Tadashi, Yamashiro Ryūichi e l’ospite americano Paul Rand. Dieci anni dopo fu la mostra Persona 1965 tenuta negli spazi espositivi dei grandi magazzini Matsuya di Ginza a riprendere l’impostazione di questa prima mostra, ponendo l’accento però sulla soggettività e la personalità del designer chiamato a esprimersi attraverso la forma del manifesto sui temi richiesti dal mercato e dalla committenza secondo il proprio stile, riconoscibile e per questo scelto.
Tanaka Ikkō racconta nella sua biografia la necessità di fare un passo avanti nella consapevolezza di cosa significasse design ed essere designer dopo lo “shock ‘55”: quella prima mostra era infatti ancora viva negli animi dei designer. Fu lui a tenere le redini della mostra chiamando il direttore artistico delle appena concluse Olimpiadi, Katsumie Masaru, a definirne il titolo. Tra i designer giapponesi partecipanti a questo che fu il secondo evento storico fondante per lo sviluppo della grafica giapponese, molti sono i grandi nomi che oggi figurano anche in La conferenza degli animali: Awazu Kiyoshi, Fukuda Shigeo, Hosoya Gan, Katayama Toshihiro, Katsui Mitsuo, Kimura Tsunehisa, Nagai Kazumasa, Tanaka Ikkō, Uno Akira, Wada Makoto, Yokoo Tadanori, mentre Kamekura Yusaku, considerato il maestro e autore del famosissimo poster delle Olimpiadi del ’64, insieme agli stranieri Paul Davis, Louis Dorfsman, Karl Gerstner, Jan Lenica, fu invitato come ospite d’onore. L’organizzazione della mostra fu anche l’occasione per Tanaka di viaggiare in America ed Europa e tra le mete descritte con più emozione e di maggior impatto c’è l’Italia: Milano per le novità nell’arredo, Firenze per l’accumulo di storia e culture assaporabili sulle mura dei palazzi e nel paesaggio, Roma, Sorrento, Napoli, Capri e il profumo dei limoni; un’esperienza che ha sicuramente segnato alcune scelte successive di Tanaka una volta rientrato in patria.


Dal punto di vista tecnico in generale i manifesti dei primi decenni fino agli anni Ottanta, come rivela anche la selezione di opere a soggetto di animali, emanano insieme freschezza e semplicità; la precisione del disegno fatto a mano, geometrico, giocato su effetti optical ottenuti con contrasti di colori e forme come cerchi, tondi, triangoli, linee curve, segmenti, spirali, è comune un po’ a tutta la produzione legata soprattutto a grandi marchi del settore fotografico ed estetico, ma lo si ritrova anche nelle immagini create per campagne di sensibilizzazione sociale come quelle di U.G. Satō e Aoba in modo giocoso e ironico. A partire dagli anni Ottanta si aggiunse alla grafica pura l’acquisizione della fotografia e delle sue qualità nella composizione dei manifesti che andarono così a fondere aspetti artistici legati al disegno e alla pittura, alla calligrafia e alla tipografia ad altri invece più fotografici e realistici legati alla necessità di mostrare i prodotti pubblicizzati.  Un esempio è il manifesto di Kasai Kaoru con il disegno di una quasi trasparente libellula ripresa da un’opera di Mori Shunkei che pubblicizza il whisky della Suntory inserito come icona fotografica in angolo in basso a destra, ma anche la surreale immagine dell’anatra di Nagai Kazufumi che trasporta un porro in volo, soggetto della campagna per il parco dei divertimenti Toshimaen e ancora i manifesti fotografici di Aoba per la campagna pacifista realizzati in collaborazione con il fotografo Koiwai Hiroshi. Un uso della fotografia che era comunque ancora lontano da quello che caratterizza invece i poster prodotti nell’era del digitale e della computer grafica in cui tutto diventa possibile, la realtà trasformata se non addirittura inventata.

Le serie dirette da Inoue Tsuguya, realizzate con i fotografi Mori Toshiyuki e Mito Satsue, Atarashi Ryōta, Tamaki Yoshida, Leslie Kee, Nishimura Yūsuke, immortalano scimmie, tori orsi, gufi, delfini e tartarughe con primissimi piani che colgono l’invisibile a occhio nudo, l’inavvicinabile con il solo corpo: sguardi, posizioni e comportamenti a cui viene conferito un effetto scenografico e un’interpretazione teatrale quasi drammatica attraverso scelte di luce d’effetto. In modo diverso ma sempre con la fotografia gioca Satō Takuh nella campagna pubblicitaria del marchio Pleats Please Issey Miyake realizzata col fotografo Udo Kōji, trasformando capi d’abbigliamento plissettati, ripiegati su se stessi, arrotolati, gonfiati, annodati, in morbide sculture a forma di pinguino, orso bianco, polipo, pesce palla, gatto, scarabeo, fotografati da angolazioni curiose, inaspettate e divertenti facendo seguito alla campagna di comunicazione precedente in cui i capi Please erano stati trasformati in sushi. L’illusione ottica scaturita dalle possibilità digitali è evidentemente senza limiti se paragonata alle costruzioni otpical e piacevolmente ingannevoli, talvolta pop, dei primi decenni, tuttavia, come è evidente da gran parte della selezione di manifesti qui presentati, vi sono ancora tanti designer che si affidano alla manualità del segno come punto di partenza. Nagai Kazumasa in questo senso rappresenta un caso unico, in quanto ha transitato le qualità del disegno tecnico e geometrico astratto dei primi decenni in una produzione più naturalistica, libera e fantasiosa, ma dove la manualità rimane centrale, che da metà anni Ottanta ha completamente dedicato al tema animale con le serie Life e I’m Here animali veri rappresentati come silhouette piatte monocrome in cui vengono evidenziati solo gli occhi; esseri viventi e forme organiche che sembrano emanare spore di vita tratteggiati con brevi e minuti tratti neri più o meno densi; forme animali ibride tra mammiferi, pesci, uccelli, rettili, che sembrano uscire dal sogno e dalla colorata fantasia di un bambino spesso contenuti in embrioni ovali o decorati con motivi della tradizione tessile o contenenti essi stessi altre forme viventi; ma anche figure divertenti e spaurite come peluche o apparizioni di spiritelli tracciate con pastelli colorati che ricordano i nerini del buio del film d’animazione Totoro di Miyazaki Hayao.

Il soggetto degli animali scelto dai designer per molte campagne di comunicazione evidentemente non è per forza legato al tema o al prodotto della comunicazione, talvolta esula completamente da questo ed è utilizzato solo perché accattivante e immediato, facendo presa sullo sguardo e l’aspetto divertente e ludico, in altri casi però è funzionale alla funzione di sensibilizzazione verso i temi del surriscaldamento globale, del cambiamento climatico, dell’uso del nucleare, dell’estinzione di specie animali, di una pesca consapevole e sostenibile sempre più sentiti a partire dagli anni novanta e oggi quanto mai urgenti. Esemplari sono alcuni dei manifesti parte della campagna Hiroshima Appeals realizzati ogni anno nel giorno dell’anniversario in ricordo delle vittime della bomba atomica sganciata su Hiroshima il 6 agosto 1945. Qui il soggetto scelto degli animali diventa fortemente simbolico così come la tecnica utilizzata per esprimerli: la colomba geometrica di Tanaka Ikkō sullo sfondo invece fotografico e realistico del fungo nucleare; la farfalla dorata di Satō Kōichi che tiene la sfera del mondo o forse il suo spirito su un fondo che richiama la polvere d’oro e il cielo blu in gradazione tipico delle stampe silografiche; l’ammasso di colombe colorate disegnate con colori a olio una accanto all’altra fino a riempire l’intera superfice del poster del maestro del colore Awazu Kiyoshi; la composizione fumettistica e ironica nello stile sempre riconoscibile dei K2, Nagatomo Keisuke e Kuroda Seitarō, che affidano a un branco di cani randagi la rabbia e l’incredulità di un evento inaccettabile e impensabile come quello della distruzione atomica.
I rimandi ai temi classici della pittura che fanno presa su un immaginario assodato, l’influenza della grafica europea, si pensi alla giocosità di Munari visibile anche nelle opere di Fukuda, la varietà di tecniche pittoriche e artistiche abbinate alla grafica pura, alla fotografia e al digitale che toccano sensibilità diverse, la qualità decorativa intesa come capacità di selezione e semplificazione insita nelle arti visive giapponesi che contengono già tutto il potenziale della grafica contemporanea, trovano evidentemente nel soggetto degli animali un’immediatezza che diventa anche universale e per questo parla a noi in quel limbo di terra senza confini che è la fantasia e l’immaginazione.